이탈리아 요리에서 빼놓을 수 없는 신비의 물질...!
황금빛 혹은 초록빛이 맴도는 올리브 오일은 이탈리아 요리에서 절대로 빼놓을 수 없는 식재료이자 이탈리아 대표선수 중 하나다. 또 한 선수(?)를 꼽으라면 치즈랄까. 그런다 해도 아무도 돌을 던지지 못할정도로 이탈리아 요리의 주축을 이루고 있는 두 물질이다. 위 사진 한 장만 봐도 신비로움이 가득하며, 사람을 흥분하게 할 정도로 기분좋게 만드는 올리브의 향이 진동을 하는 듯 하다.
이번 포스트에는 올리브오일 중에서 '엑스트라버진 올리브 오일의 정체'에 대해 위키페디아<https://it.wikipedia.org/wiki/Olio_di_oliva>의 자료와, 한 이탈리아노의 블로그<http://www.cristinatomasi.com/blog/olio-extravergine-di-oliva/>에 실린 내용과 함께 올리브오일을 다룬 사이트에 <http://www.oifb.com/index.php/olio-di-oliva-a-c/192-brevi-appunti-sull-olio-extravergine-di-oliva>에 실린 내용'BREVI APPUNTI SULL'OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA'을 짬짬이 열어 공부할 요량으로 담아봤다.
주지하다시피 올리브오일은 불건성유(nondrying oil,不乾性油)로 공기중에서 증발하지 않고 피막을 만들지 않는 안정화된 기름으로, 공기중에서 산소와 결합하여 건조되며 도막을 형성하는 건성유와 큰 차이를 보이고 있다. 유지의 종류와 분류를 살펴보면 이러하다.
유지의 종류와 분류
건성유(乾性油,IODINE VALUE(아이어다인 밸류, IV) : 불포화도가 높은 지방산을 함유하여 공기 가운데 두면 산소를 흡수하여 산화되어 굳어 버리는 식물성 기름. 페인트, 인쇄 잉크, 유화 물감 따위의 용제로 쓴다. 유지가 공기 중에서 산소를 흡수하여 산화 ·중합(重合) ·축합(縮合)을 일으킴으로써 차차 점성이 증가하여 마침내 고화(固化)하는 성질을 말하는데, 그 강약은 유지류의 구조식(構造式)에 포함되는 이중결합의 수에 비례하며, 요오드값에 따라 분류할 수 있다.
요오드값(Iodine value(아이어다인 밸류, IV) )이 130 이상의 것이며, 리놀산과 리놀렌산 같은 올레산보다 불포화결합이 더 많은 산(酸)인 글리세린에스테르를 함유하고 있다. 얇은 막으로 만들어 공기 속에 방치해 두면 비교적 단시간내에 고화(固化) 건조되므로 도료의 중요한 자재가 된다. 건성유는 주로 법유(法油, 들깨기름), 동유(桐油, 오동나무기름), 아마인유, 종려유(棕櫚油, 팜유), 호두유, 해송자유(海松子油, 잣기름)를 들 수 있다.
반건성유(半乾性油-IV100~130) : 공기 속에서 산화되어 건조되는 속도가 비교적 더딘 기름. 건성유와 불건성유의 중간 성질로, 점성은 증가하나 완전히 마르지는 않는다. 튀김용 기름, 식용·비누 제조용 따위로 쓰인다. 요오드값이 100~130이다. 주로 대두유(콩기름), 참기름, 면실유(목화씨기름), 옥수수유, 채종유(菜種油, 채소씨기름)를 일컫는다.
불건성유(不乾性油-IV100 이하) : 불포화 지방산의 함유량이 적기 때문에 공기 중에 놓아 두어도 산화되거나 마르거나 엷은 막을 형성하지 않는 식물유. 옥소가(沃素價) 100 이하의 기름으로 식용유, 윤활유 따위로 쓴다. 동백유(동백나무씨기름), 낙화생유(落花生油, 땅콩기름), 올리브유, 피마자유(蓖麻子油, 아주까리기름)이 불건성유에 속한다.
*요오드(옥도, 옥소, 요오듐) : 할로겐 원소의 하나. 기체는 보라색을 나타내며 천연으로는 해조류, 해산 동물 속에 주로 들어 있다. 척추동물의 갑상선에 티록신의 형태로 있으면서, 생물의 생리 작용에 중요한 역할을 한다.
*참고로 발연점(smoke point)을 살펴보면 다음과 같다.
발연점이란,기름이 타기 시작하는 온도이다. 기름이 타면서 푸른색 연기가 나는데 이때 아크롤레인이라는 물질이 생성된다. 아크롤레인은 눈과 코를 자극하고 폐암을 유발하는 것으로 알려져있다. 식용유지는 각각 발연점이 다른데, 정제하지 않은 기름은 발연점이 낮다. 올리브유(엑스트라 버진), 들기름, 참기름은 발연점이 낮다. 따라서 오랜시간 가열시에는 이러한 기름은 사용하지 않는것이 좋다. 볶음요리나 튀김요리에 사용하려면 면실유, 포도씨유, 대두유 등이 적당하고, 정제된 올리브유(퓨어, 혼합)을 사용해도 된다.
식용유별 발연점 온도
1. 올리브유(≒ 192도℃)
2. 대두유 (≒ 220℃)
3. 포도씨유 (≒ 245℃)
올리브유도 종류에 따라 발연점이 다르다. 일반 식용유는의 발연점이 200℃ 정도이며, 엑스트라 버진 오일은 180℃ 정도(발연점이 낮아서 샐러드용 오일로 주로 사용)이다. 또 퓨어 올리브유는 190℃ 정도가 발연점이다.(회사나 제품의 품질 등에 따라 차이가 있을 수 있다)
Olio di oliva
L'olio di oliva è un olio alimentare estratto dalle olive, ovvero i frutti dell'olivo (Olea europaea). Nella tipologia vergine si ricava dalla spremitura meccanica delle olive. Altre tipologie merceologiche di olio derivato dalle olive, ma con proprietà dietetiche e organolettiche differenti, si ottengono per rettificazione degli oli vergini e per estrazione con solvente dalla sansa di olive. È caratterizzato da un elevato contenuto di grassi monoinsaturi.
Prodotto originario della tradizione agroalimentare del Mediterraneo, l'olio di oliva è prodotto anche nelle altre regioni a clima mediterraneo.
Raccolta delle olive
Le olive sono tradizionalmente raccolte (in Italia da metà ottobre a fine dicembre) su apposite reti, in alcune regioni battendo i rami con bastoni flessibili, in modo da provocare il distacco dei frutti, oppure in altre, attendendo la completa maturazione e quindi la loro caduta naturale dalla pianta dell'albero. Una tecnica più moderna prevede l'utilizzo di abbacchiatori meccanici che scuotono i rami, ma con un maggiore danno per la pianta, e provocano la caduta delle olive su una rete predisposta a terra che permette poi di raccoglierle più rapidamente e con minore fatica.
La raccolta a mano con appositi pettini e sacche a tracolla (metodo lungo ma con la possibilità di scegliere i frutti) su lunghe scale a pioli di legno, è ancora praticata in molte zone di Italia. Questa tecnica è sicuramente la più dispendiosa, ma consente tuttavia di raccogliere frutti integri e al giusto grado di maturazione. È ancora preferibile per le olive da conserva, ma rappresenta il primo degli elementi fondamentali per ottenere un olio extra vergine di oliva, in breve EVO, fragrante e privo di odori sgradevoli.
Esistono metodi di raccolta interamente meccanizzata tramite macchine scuotitrici con intercettatori delle olive a ombrello. Modernamente in impianti di oliveto appositamente coltivati allo scopo (superintensivi) si raccoglie anche con macchine scuotitrici adatte anche alla raccolta meccanica dell'uva (vendemmiatrici).
Non meno importante al fine di ottenere un olio vergine esente da difetti è il metodo di stoccaggio delle olive. L'ideale è che le olive siano raccolte in apposite cassette aerate in plastica, non in legno, e sacchi e che queste cassette siano conservate lontano da fonti di calore e che le olive siano frante nel giro di 24-48 ore dalla raccolta. Questo garantisce che le olive non fermentino in modo anaerobico dando origine alla formazione di alcoli alifatici che produrrebbero nell'olio difetti quali riscaldo e, in casi estremi, muffa.
Estrazione
La produzione dell'olio di oliva di maggiore importanza si basa su processi di estrazione esclusivamente meccanici. In questo modo si distinguono merceologicamente gli oli vergini da quelli ottenuti mediante processi basati su metodi fisici e chimici (oli di semi, oli di oliva rettificati e raffinati, oli di sansa). Esistono due tecniche di estrazione: quella classica e quella moderna
Altre tecniche prevedono l'impiego di metodi fisici e chimici. Va però detto che le norme e gli standard di qualità stabiliscono che un olio di oliva possa essere definito vergine solo se per la sua produzione siano stati impiegati esclusivamente metodi meccanici. L'olio ottenuto con il ricorso a metodi chimici e fisico-chimici è pertanto identificato con tipologie merceologiche differenti e distinte dal vergine.
Le linee di lavorazione nell'estrazione meccanica differiscono per i metodi usati nelle singole fasi, pertanto esistono tipologie di impianto differenti. Oltre che per le caratteristiche tecniche, gli impianti differiscono in modo marcato per la capacità di lavoro, il livello di meccanizzazione, l'organizzazione del lavoro, la resa qualitativa e quantitativa, i costi di produzione. In generale la linea di produzione di un oleificio comprende cinque fasi fondamentali:
- operazioni preliminari;
- molitura;
- estrazione del mosto di olio;
- separazione dell'olio dall'acqua;
- stoccaggio, chiarificazione e imbottigliamento.
In linea generale la resa delle olive può avere notevoli variazioni, da un minimo circa di 8–9 kg di olio extra vergine per 100 kg di olive pressate fino a un massimo di 22–28 kg di olio extra vergine per 100 kg di olive. Le variazioni sono imputabili a diversi fattori: l'esposizione degli olivi al sole, la disponibilità idrica nel periodo vegetativo e nel corso dell'accrescimento delle olive, l'epoca della raccolta.
Standard qualitativi
Contrariamente ad altri oli alimentari per l'olio di oliva non esiste uno standard internazionale globalmente riconosciuto. Lo stesso Codex Alimentarius [2] ha redatto specifiche che rispecchiano in gran parte quelle redatte dall'IOC ( ex IOOC ) l'International Olive Oil Council[3], ma con alcune differenze nella classificazione dei diversi oli di oliva, nella definizione della composizione standard oltre che nelle procedure di test. Alcuni paesi ( USA, CINA, Australia, Sud Africa ) hanno adottato standard nazionali leggermente divergenti dallo standard Codex o IOC. La stessa Unione Europea nella classificazione degli oli, non ha adottato tutte le indicazioni dello standard IOC su cui peraltro si basa.
Mancando una armonizzazione internazionale degli standard di qualità dell'olio di oliva sono presenti specifiche nazionali spesso influenzate dalla qualità delle produzioni locali; ad esempio lo standard australiano e sud africano consentono un tenore di acido α-linolenico più alto di quello europeo.
All'interno di uno standard sovranazionale, come quello definito dalla Unione europea[4] possono essere introdotti disciplinari ancor più selettivi e specifici.
È opportuno sottolineare che i disciplinari di produzione per i marchi di Denominazione di Origine Protetta (DOP) prevedono spesso l'utilizzo di tecniche tradizionali e norme restrittive e severe con l'intento di garantire un prodotto di qualità superiore e tradizionale con particolare riferimento alle varietà usate, che devono essere autoctone.
Le proprietà dell’olio di oliva, meglio se extravergine, si degradano facilmente se non viene conservato al riparo esposto da luce e calore, meglio se all'interno di contenitori non trasparenti, di colore scuro.
Tipi di olio di oliva
Le denominazioni commerciali sono rigorosamente codificate dall'Unione europea nella direttiva 136/66/CEE. Il regolamento CE 2568/91 e in ultimo il regolamento CE 1989/03[5]individuano le categorie di oli di oliva riportati nella tabella sottostante.
Denominazione | Acidità (%) | Note | Cere mg/kg |
Olio extravergine di oliva | ≤ 0,8 | È ottenuto tramite estrazione con soli metodi meccanici. | ≤ 250 |
Olio di oliva vergine | ≤ 2,0 | È ottenuto tramite estrazione con soli metodi meccanici. | ≤ 250 |
Olio di oliva lampante | > 2,0 | È ottenuto tramite estrazione con soli metodi meccanici, ma non è utilizzabile per il consumo alimentare. | ≤ 300 |
Olio di oliva raffinato | ≤ 0,3 | È ottenuto tramite rettificazione di oli vergini lampanti con metodi fisici e chimici e successiva raffinazione. | ≤ 350 |
Olio di oliva composto di oli di oliva raffinati e oli di oliva vergini | ≤ 1,0 | ≤ 350 | |
Olio di sansa di oliva greggio | - | È ottenuto per estrazione con solvente dalle sanse. Presenta una concentrazione di cere > 350 mg/kg. | > 350 |
Olio di sansa di oliva raffinato | ≤ 0,3 | È ottenuto tramite raffinazione. | > 350 |
Olio di sansa di oliva | ≤ 1,0 | > 350 |
Molti parametri chimico fisici definiti per classificare i diversi oli di oliva servono anche a limitare il rischio adulterazioni, particolarmente alto. Dalle norme europee[5][4][6] oltre alla acidità ed al tenore di cere sono indicati limiti nei seguenti parametri:
- concentrazione 2-gliceril monopalmitato cioè di gliceridi con l'acido palmitico in posizione 2
- concentrazione di stigmastadiene negli oli di oliva non raffinati
- concentrazione della somma degli isomeri transoleici
- concentrazione della somma degli isomeri translinoleici e translinolenici
- concentrazione degli steroli totali
- concentrazione di eritrodiolo e uvaolo
- concentrazione di esteri metilici di acidi grassi (FAME) e esteri etilici di acidi grassi (FAEE) ( limite fissato solo per l'olio extra vergine di oliva , in breve EVO )
Per il produttore è facoltativo indicare sull'etichetta della confezione il grado di acidità del prodotto; in tal caso è però obbligatorio per legge indicare anche il numero di perossidi, il tenore in cere e l'assorbimento all'ultravioletto.
Se un olio di oliva è stato prodotto con almeno il 95% (in peso) di olive ottenute da agricoltura biologica (vedi regolamento CE n. 834/2007, che tra le altre cose vieta l'utilizzo di OGM o radiazioni ionizzanti) allora l'olio può essere definito olio di oliva biologico. In questo caso l'etichetta può comprendere la dicitura bio o biologico e deve riportare chiaramente il logo di prodotto biologico, i codici dell'organismo di controllo e dell'operatore, l'indicazione dell'origine dell'olio (utilizzando la terminologia specifica Agricoltura UE,Agricoltura Non UE e Agricoltura UE/Non UE).
Composizione
In tutti gli oli vegetali la composizione può variare in funzione della cultivar, delle condizioni ambientali, della raccolta e della lavorazione. L'olio di oliva è composto prevalentemente da trigliceridi con una distribuzione tipica di acidi grassi che nello standard definito dalla UE non cambia tra i diversi tipi di olio. I diversi tipi di olio di oliva non comportano una diversa distribuzione di acidi grassi ed i limiti ammissibili nelle variazioni della distribuzione di acidi grassi consentono una variazione molto ampia nel rapporto tra i principali: es. acido oleico/acido linoleico= 33,2 max.- 2,62 min..
acido grasso | limiti concentrazione (%) regolamento CE 1989/03 e successive revisioni[4]. | concentrazione (%) media di 1050 campioni di EVO italiano [7]. | concentrazione (%) mediana di 573 campioni di olio di oliva italiano [8]. |
---|---|---|---|
acido miristico | ≤ 0,05 | - | - |
acido palmitico | 7,50 – 20,00 | 12,01 | 12,9 |
acido palmitoleico | 0,30 – 3,50 | 1,1 | - |
acido margarico | ≤ 0,30 | - | - |
acido eptadecenoico | ≤ 0,30 | - | 0,12 |
acido stearico | 0,50 – 5,00 | 2,23 | 2,02 |
acido oleico | 55,00 – 83,00 | 73,02 | 74,89 |
acido linoleico | 2,50 – 21,00 | 10,3 | 7,63 |
acido linolenico | ≤ 1,00 | 0,33 | - |
acido arachidico | ≤ 0,60 | 0,61 | - |
acido gadoleico | ≤ 0,40 | 0,17 | - |
acido beenico | ≤ 0,20 | - | - |
acido lignocerico | ≤ 0,20 | - | - |
Composizione
La sansa di olive è ciò che resta dopo l'estrazione dell'olio e da essa è possibile estrarre ancora dell'olio residuo. Infatti la sansa, a seconda del tipo di frantoio, contiene ancora dal 3% al 6% di olio. La sansa proveniente da frantoi tradizionali (con presse) contiene circa il 6% di olio mentre la sansa da frantoi moderni, i così detti frantoi continui, ne contiene circa il 3%. Questo olio viene estratto industrialmente, appunto nei sansifici, per mezzo di solventi chimici. Questo olio, detto olio di sansa grezzo, non è commestibile: attraverso un trattamento di raffinazione si ricava l'olio di sansa di oliva raffinato, che ancora non è commestibile; solo dopo l'aggiunta di una percentuale non meglio specificata di olio di oliva vergine esso diviene commestibile ed è denominato olio di sansa di oliva. Questo prodotto è l'unico olio derivante dalle olive a subire il processo di estrazione con solventi ed è quindi l'unico olio derivante dalle olive che può essere paragonato alla gran parte degli oli di semi che si trovano in commercio. Difatti la gran parte degli oli di semi in commercio viene estratto utilizzando lo stesso processo. Tuttavia, l'olio di sansa di oliva mantiene invariata la composizione in acidi grassi rispetto all'olio di oliva, cioè con un alto tenore di MUFA (mono unsatured fatty acid) con percentuali del 60-85%.
Usi
L'olio di oliva è utilizzato soprattutto in cucina, principalmente nelle varietà extravergine e vergine, per condire insalate, insaporire vari alimenti, conservare verdure in barattolo. Non ha le caratteristiche ottimali per essere utilizzato come olio per friggere ad alta temperatura e per lungo tempo. I tipi di olio di oliva a più alta acidità possono avere un punto di fumo troppo basso (160-200). Si è rivelato comunque più resistente di altri oli di semi nella frittura domestica [9]. È comunque consigliato il suo uso per le fritture domestiche per la ricchezza diacidi grassi monoinsaturi[10]. Ha delle capacità benefiche grazie alla presenza di sostanze antiossidanti (fenoli e tocoferoli) e alla proprietà di combattere il colesterolo.
L’olio di oliva è la principale fonte alimentare dell'antiossidante “DHPEA-EDA” che rispetto ad altri fenoli presenti in differenti oli, è uno dei più efficaci anche a basse dosi nel contrastare lo stress ossidativo di radicali liberi e colesterolo LDL sui globuli rossi[11] , le cellule più esposte.
Il sapore dell'olio può variare molto a seconda delle varietà di olive da cui è prodotto, luogo di produzione, grado di maturazione, modalità di raccolta del frutto eccetera.
Questo olio è anche usato in cosmetica e per la produzione del sapone. Un tempo si usava come farmaco e come combustibile per le lampade a olio.
Produzione italiana
L'Italia è il secondo produttore in Europa e nel mondo di olio di oliva con una produzione nazionale media di oltre 464 000 tonnellate, due terzi dei quali extravergine e con ben 41 denominazioni DOP e un'IGP riconosciute dall'Unione europea. Tra gli IGP possono poi distinguersi alcune qualità con speciali "menzioni". Ad esempio l'Olio Extra Vergine d'Oliva Toscano IGP conta le menzioni: Seggiano, Colline Lucchesi, Colline della Lunigiana, Montalbano, Colline di Firenze, Colline Aretine, Colline Senesi, Monti Pisani, come da disciplinare del consorzio[12].
In Italia l'olivo è diffuso su circa un milione di ettari in coltura principale e su di una superficie di poco inferiore in coltura secondaria, consociata con seminativi o con altre specie arboree (vite, agrumi, mandorlo eccetera).
Per quanto attiene le zone altimetriche, l'olivo è diffuso per il 2% in montagna, il 53% in collina e per il 44% in pianura. Per le caratteristiche stesse della pianta, che necessita di un clima mite, la coltivazione dell'olivo in Italia è molto diffusa nelle regioni del Centro (19%) e del Sud (77,9%), mentre al Nord la produzione è più limitata (2%), ma in aumento, concentrandosi particolarmente in alcune zone a microclima più temperato, come per esempio la Liguria e le zone collinari attorno al Lago di Garda. Le piante in produzione sono circa 170 milioni e le aziende agricole che si occupano di olivicoltura sono più di un milione, pertanto le superfici medie coltivate sono dell'ordine di un ettaro circa, a testimonianza dell'estrema frammentazione fondiaria.
Posizione (media dal 2007 al 2010)[13] | Regione | Quantità (quintali 2010) | Quantità (quintali 2009) | Quantità (quintali 2008) | Quantità (quintali 2007) |
---|---|---|---|---|---|
1 (totale 9.559.216) | Puglia | 1.914.535 | 2.458.396 | 2.678.201 | 2.508.084 |
2 (totale 9.209.827) | Calabria | 2.080.943 | 2.136.968 | 2.998.362 | 1.993.554 |
3 (totale 2.091.148) | Sicilia | 488.027 | 537.142 | 495.958 | 570.021 |
4 (totale 1.630.148) | Campania | 396.058 | 425.200 | 440.964 | 367.926 |
5 (totale 1.153.699) | Lazio | 285.553 | 271.728 | 369.739 | 226.679 |
6 (totale 751.738) | Abruzzo | 187.480 | 185.235 | 220.302 | 158.721 |
7 (totale 686.418) | Toscana | 184.489 | 191.341 | 172.659 | 137.929 |
8 (totale 428.823) | Umbria | 138.602 | 87.660 | 168.403 | 34.158 |
9 (totale 344.680) | Sardegna | 86.422 | 89.667 | 81.618 | 86.973 |
10 (totale 258.892) | Basilicata | 65.289 | 73.320 | 60.069 | 60.214 |
11 (totale 220.626) | Molise | 57.200 | 57.200 | 57.200 | 49.026 |
12 (totale 176.550) | Liguria | 44.748 | 40.624 | 55.273 | 35.905 |
13 (totale 156.691) | Marche | 38.253 | 32.985 | 47.040 | 38.413 |
14 (totale 53.106) | Veneto | 13.353 | 15.244 | 12.525 | 11.984 |
15 (totale 33.960) | Emilia-Romagna | 9.979 | 10.178 | 6.868 | 6.935 |
16 (totale 25.232) | Lombardia | 7.228 | 6.804 | 6.324 | 6.935 |
17 (totale 7.694) | Trentino-Alto Adige | 2.140 | 2.578 | 1.431 | 1.545 |
18 (totale 3.421) | Friuli-Venezia Giulia | 938 | 835 | 1.008 | 640 |
19 (totale 217) | Piemonte | 77 | 74 | 57 | 9 |
Un'inchiesta del New York Times del 2014 mostra come una considerevole quantità di olio di oliva venduto come "italiano" sia d'importazione straniera (principalmente da Spagna, Tunisia e Marocco), o venga ancor peggio adulterato da olio di soia o di semi raffinati importati. Vengono poi rivenduti sul mercato (sia estero che italiano) come oli "made in Italy" o imbottigliati in Italia, con considerevoli rincari da parte degli importatori e dei distributori.[14]
Olio d'oliva in Spagna
Denominazioni di origine e indicazione geografica[modifica | modifica wikitesto]
In Spagna per garantire la qualità dell'olio d'oliva spagnolo (aceite in spagnolo), tutti gli oli extra vergine d'oliva sono sotto la dicitura di Denominazione di origine. Esistono 32 Denominazioni di origine protetta:[15] delle quali 24 riconosciute dall'Unione Europea[16].
Produzione e mercato mondiale
La coltivazione di olivo e la produzione di olio di oliva sono diffuse in massima parte nell'area del Mediterraneo. L'Unione europea nel suo complesso occupa l'80% della produzione mondiale di olio di oliva. I maggiori produttori europei sono Spagna, Italia, Grecia e Portogallo, con quote minoritarie della Francia. In questi paesi l'olivicoltura ha una grande importanza non solo per l'economia rurale, ma anche per il patrimonio culturale e ambientale, se si considera che nel settore lavorano circa 2,5 milioni di produttori, circa un terzo degli agricoltori dell'Unione europea[17], e che in talune regioni di Italia, Spagna e Grecia l'olivicoltura è di gran lunga la principale attività agricola, sia in termini di occupati che di percentuale di superficie coltivata.
Al di fuori dell'Unione europea i maggiori produttori si affacciano anch'essi sul Mediterraneo, e sono Tunisia, Turchia, Siria e Marocco. Quote minoritarie vengono prodotte nel continente americano, in Australia e Giappone.
Tuttavia, per questioni legate a tradizionali e consolidate abitudini alimentari, si verifica che in talune aree geografiche, come il Nord Europa o il Nord America, si continuano a preferire altri tipi di oli e grassi (oli di semi, grassi animali eccetera), mentre l'olio di oliva continua a essere particolarmente apprezzato negli stessi paesi che hanno un'antica tradizione olivicola. Ne consegue che il mercato dell'olio di oliva è piuttosto anelastico, poiché gran parte del mercato mondiale del prodotto è costituito dagli stessi paesi produttori.
A livello mondiale, il mercato di tutti gli oli di oliva rappresenta solo il 4% di tutti gli oli e grassi per uso alimentare. Tuttavia la domanda dell'olio di oliva a livello mondiale, grazie alle qualità nutrizionali degli oli di oliva e all'abbinamento alla dieta mediterranea, molto apprezzata per la sua semplicità e per gli aspetti salutistici, è in continua crescita con incrementi dal 3 al 5% all'anno.
Tabella dei Produttori e consumatori
I principali paesi produttori e consumatori sono:
Paese | Produzione in tonnellate (2010)[19] | Produzione% (2010) | Consumo (2005)[20] | Consumo procapite annuale (kg)[21] |
---|---|---|---|---|
Mondo | 3,269,248 | 100% | 100% | 0.43 |
Spagna | 1,487,000 | 45.5% | 20% | 13.62 |
Italia | 548,500 | 16.8% | 30% | 12.35 |
Grecia | 352,800 | 10.8% | 9% | 23.7 |
Siria | 177,400 | 5.4% | 3% | 7 |
Marocco | 169,900 | 5.2% | 2% | 11.1 |
Turchia | 161,600 | 4.9% | 2% | 1.2 |
Tunisia | 160,100 | 4.9% | 2% | 5 |
Portogallo | 66,600 | 2.0% | 2% | 1.8 |
Algeria | 33,600 | 1.0% | 2% | 7.1 |
Altri | 111,749 | 3.5% | 28% | 1.18 |
Consumi
I maggiori paesi consumatori di olio di oliva sono, nell'ordine, l'Italia (30% del totale mondiale), la Spagna (20%), la Grecia (9%), gli Stati Uniti (8%), la Francia (4%) e la Siria (3%), seguiti da Portogallo, Algeria, Marocco, Tunisia e Turchia (tutti col 2%)[22]. L'Unione europea consuma il 71% della produzione mondiale, mentre il bacino del Mediterraneo ne consuma il 77%[22].
Nel periodo 1996-2000, la media dei consumi mondiali è stata di 2.371.000 t. Nel periodo si è osservata una costante tendenza all'aumento dei consumi anche al di fuori dei paesi produttori, dove erano tradizionalmente concentrati.
<https://it.wikipedia.org/wiki/Olio_di_oliva>
OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA
Quando acquistate olio di oliva extravergine (ev), non è possibile pagarlo solo 4-5 o 6 Euro. Una buona bottiglia di Olio di oliva ev costa oltre i 10 Euro, e a ragion veduta.
Gli oli che compriamo a minor prezzo importano olio da paesi come Spagna, Grecia, Tunisia, Marocco. Purtroppo questi paesi adultera spesso l’olio, tant’è che questo viene manipolato, miscelato e reimbottigliato in modo fraudolento e, infine, mischiato con olio italiano.
Quando acquistate olio di oliva extravergine (ev), non è possibile pagarlo solo 4-5 o 6 Euro. Una buona bottiglia di Olio di oliva ev costa oltre i 10 Euro, e a ragion veduta.
Gli oli che compriamo a minor prezzo importano olio da paesi come Spagna, Grecia, Tunisia, Marocco. Purtroppo questi paesi adultera spesso l’olio, tant’è che questo viene manipolato, miscelato e reimbottigliato in modo fraudolento e, infine, mischiato con olio italiano, additivato beta-carotene e clorofilla per modificarne il sapore e il colore. Alla fine arriva nei nostri supermercati e viene venduto con l’etichetta “extravergine made in Italy”. Olio di semi e olio di sansa sono le “basi” più utilizzate per guadagnare di più. Parliamo di adulterazione e contraffazione. È una scelta sleale alla quale ricorrono prevalentemente le aziende di grandi dimensioni. così si scatena il polverone di polemiche provocato dai 15 disegni con cui il New York Times ha illustrato le truffe dell’extravergine in Italia e il “suicidio” – è la parola usata dall’autorevole quotidiano – del frantoio “made in Italy”. Questo è quello che ha scatenato l’ira del NewYork Times.
L’80% dell’olio d’oliva utilizzato in Italia è composto da olio di importazione derivante da Spagna, Tunisia, Grecia e che, quindi, solo il 20% del prodotto venduto dalle note ditte nazionali è effettivamente di origine italiana, in netto contrasto con quanto dichiarato in etichetta.
OCCHIO!!!!!! Ma come è possibile riportare in etichetta il falso senza incorrere in un illecito. Semplice: conformemente ad un recente regolamento europeo, è sufficiente, affinché un olio sia considerato italiano, che venga prodotto con olive spremute in Italia anche se provenienti da coltivazioni estere. No comment!!!
Ecco che ci ritroviamo quotidianamente a consumare olio di marche conosciute e diffusamente pubblicizzate ma per la maggior parte di origine extracomunitaria (di qualità decisamente inferiore rispetto a quello nostrano) completamente ignari del raggiro di cui siamo vittime. L’unico modo per sottrarsi a quest’ultimo consiste nell’acquistare solo olio extravergine di oliva che riporti la denominazione “d.o.p.”, sigla che sta per “denominazione di origine protetta”, qualifica in grado di garantire relativamente alla zona di produzione e di lavorazione del prodotto.
Leggete cosa ho trovato di interessante!!!!!:
Come si trasforma l’olio di semi in extravergine d’oliva???
L’olio di semi, una materia prima indefinita, dalle origini sconosciute e irrintracciabili, incolore e insapore, viene addizionato con betacarotene e clorofilla e poi passato alle aziende compiacenti che provvedono a colorare gli oli, imbottigliarli e distribuirli. Non è la prima volta che si scopre che vengono usati per trasformare, almeno all’apparenza, oli di semi di bassissima qualità in pregiati oli extravergine di oliva.
Negli ultimi dieci anni sono già state scoperte operazioni simili, la più grave delle quali trasformava in “extravergine d’oliva”, sempre con l’aggiunta di clorofilla, il non commestibile olio lampante (cioè olio di scarti di lavorazione, o di noccioli, non destinato a consumo umano, bensì a essere bruciato come combustibile).
Alla luce di tutto questo, è facile comprendere il motivo per il quale spesso si trova in commercio olio d’oliva venduto ad un prezzo talmente esiguo da non poter neanche coprire i costi di acquisto delle olive da parte dell’agricoltore.
Come difendersi e riconoscere il vero olio extravergine d’oliva
Diffidare dell’olio extravergine d’oliva venduto a prezzi che non riescono a coprire neanche i costi di raccolta delle olive. Tranne che nel caso di promozioni commerciali e offerte speciali a tempo, è difficile che un olio extravergine d’oliva possa essere venduto al dettaglio a meno di 6 euro al litro.
L’ideale è che specifichino in etichetta con grande trasparenza e abbondanza di dettagli l’origine delle olive, il metodo di spremitura, l’utilizzo di cultivar particolari e ben individuate o addirittura la regione di produzione, con simboli di consorzi locali di tutela, o Dop. Maggiori sono le informazioni in etichetta, maggiori gli indizi di atteggiamento onesto e trasparente da parte del produttore. Scegliere prodotti da agricoltura biologica dove le disciplinari sono molto rigorosi sia sul metodo di coltivazione delle olive, sia sui metodi di produzione.
<Fotografia http://www.cristinatomasi.com/blog/olio-extravergine-di-oliva/>
BREVI APPUNTI SULL'OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA
- Dettagli
- Scritto da Francisco Ortega
Gli Alti Poggi della Sabina reatina, sono l''habitat di uno dei migliori olii al mondo premiato con il ''SOLE D''ORO''.
(Tratto da ''L''Oro Verde dei Sabini'')
Vogliamo addentrarci nel panorama sabino che ospita da qualche millennio gli olivi che hanno alimentato i primi commerci e soddisfatto le esigenze lipidiche di intere generazioni, e accennare alla terra che tra le altre ''esibizioni'' della natura ospita la più antica pianta d''0livo (che stando alle rivelazione del radiocarbonio, ha oltre 3400 anni) ed è la più grande del mondo mediterraneo, ora monumento nazionale. La Sabina, almeno dal punto di vista dei suoi paesaggi rurali e dei centri che ospitano i Sabini attuali, discendenti delle antichissime stirpi che popolarono il cuore dell’alto Lazio, è terra privilegiata dalla pianta d''olivo (olea europea).
La Sabina attuale porta ancora vivi i simboli del suo trascorso anche se molte tracce sono state cancellate dal ripetersi di guerre, di invasioni e di barbariche occupazioni. Anche se meno vasta dell’antica terra dei Sabini, essa occupa tutta intera la provincia di Rieti e una piccolissima propagine di quella di Roma.
E'' nell''alta Sabina, quella dei Poggi, per intendersi, che sono ospitate gli olivi che danno vita a questo che reputo il miglior olio del mondo, in assoluto. Terra prevalentemente montagnosa e collinare, se si fa eccezione di piccole vallate e ristrette pianure che hanno per confini naturali i rilievi ora sassosi, ora coperti di terra fertile e generosa adatta ad accogliere una vegetazione variegata. Boschi di querce e di castagne, piantate di olivi coltivati ed anche di natura cespugliosa
Il profano si può chiedere come può una zona dare un olio migliore se quasi tutta la Penisola è cosparsa di olivi, e da sempre le popolazioni italiche, da Sibari ad Imperia, dai Poggi della Sabina agli scoscesi rialzi della riva orientale del Garda, coltivano l''olea europea, la specie che regala in stagione buona l''oro liquido che ha fatto la fortuna di antiche popolazioni. La marcia inarrestabile dell’ olivo, muovendo da Levante, nei secoli ha guadagnato in profondità l''entroterra mediterraneo fino a raggiungere anche terre non ideali per la sua specie. La marcia, arrestata a sud dalle sabbie del deserto, ha trovato proprio nella direttiva del nord e dell’ ovest le condizioni climatico-edafiche più favorevoli.
L’ olivo, pianta caratteristica della flora mediterranea fin dagli albori della storia dei popoli evoluti che abitarono queste zone, pur avendo avuto una diffusione limitata alle regioni centro-meridionali si è spinta in seguito anche in alcune zone dell’ Italia Settentrionale: nelle province di Brescia, di Verona, di Trento, di Como, mentre in Liguria sembra che l’allevamento razionale risalga ai tempi successivi alla diffusione nell’Italia Centrale. Nonostante l’importanza che ha l’olivicoltura nell’economia agricola italiana, specie per alcune regioni, la produzione di olio non è sufficiente a coprire il fabbisogno interno.
In Italia la superficie coltivata ad olivi è superiore alla superficie di qualunque altra specie con circa 1 milione e 200 mila ettari contro poco più di un milione di ettari di quella vitata. Da più parti si legge che il numero di piante di olivo in Italia siano circa 180 milioni, in altre si legge la cifra più modesta di 153 milioni. Non potremo mai sapere quale sia esattamente il numero delle piante anche perché dopo la gelata del 1985 molti impianti sono stati distrutti ma altri ne sono sorti rinnovati nel numero e nel tipo di allevamento.
I paesi produttori oltre alla Spagna e l''Italia, sono Grecia, Portogallo, Tunisia, Turchia, Algeria, Marocco, Siria, Israele, Iugoslavia, Libano, Cipro, Libia, Albania, Stati Uniti, e altri paesi con produzioni più limitate. Eccezionale la situazione in Australia dove esiste quella che si può definire la più vasta tenuta olivicola, monopadronale, del mondo, con oltre mezzo milione di piante di olivo. La Spagna, specie in questi ultimi decenni, detiene il primato mondiale, prima di tutto con la maggior superficie coltivata ad oliveti e poi per la produzione di olio.
Nel mondo, non considerando le stagioni negative per fattori climatico-meteorologici di particolare virulenza, si producono mediamente da 15 a 18 milioni di quintali di olio di oliva; di questi, due terzi sono rappresentati dalla produzione di Spagna e Italia. Nella nostra Penisola tutte le regioni sono rappresentate nell’olivicoltura, fatta eccezione di Piemonte e Valle D’Aosta. L’habitat si estende dal 30° al 45° parallelo nord anche se esistono piccolissime zone al di fuori di questa fascia considerata classica per la coltivazione olivicola. La pianta di olivo, anche se ha sfidato i millenni resistendo alla violenza della natura e dell’ uomo, ha periodi critici: dall’ infiorescenza o mignolatura, alla fine dell’ inverno, all’ inizio del processo di maturazione e alla fine dell’ estate.
Nella lunga “stagione” del processo vitale del frutto ma anche della vita biologica della pianta ci sono in agguato molti pericoli rappresentati oltre che da eventuali infestazioni, limitate, queste in alcune zone non ideali, dalle temperature estreme che possono risultare non tollerabili sia dalla pianta sia dalla drupa. La siccità prolungata, oltre certi limiti, è un elemento da prendere in considerazione, mentre i eccessiva umidità è spesso più dannosa della siccità stessa. Essendo l''olivo una pianta xerofita, capace cioè di sopportare condizioni di siccità, mantiene facilmente l''equilibrio idrico tra assunzione e dispersione dell’ acqua, grazie ad un''adattabilità fisiologica e morfologica. L’ olivo quindi è pianta più adatta a vivere negli ambienti asciutti che in quelli dove l''umidità ristagna anche per brevi periodi come nelle piccole vallette e nelle pianure situate a bassa quota.
I terreni migliori sono quelli a medio impasto; Plinio ci ricorda che quelli dei Poggi Alti della Sabina sono tra gli habitat ideali in senso assoluto. Se i fattori edafici (suolo) e i fattori di natura biotica, sono in sintonia con questa particolare esigenza dell’olivo, clima e microclima ideali determinano una condizione altamente positiva per il processo vegetativo della pianta e per la qualità finale dell’ olio prodotto. Visitando gli oliveti situati sulle cime, sui crinali e sulle “pettorecce” dei Poggi Alti nel cuore della Sabina reatina, si capisce che la vita spartana di un tempo ha costretto le popolazioni locali ad impiantare oliveti in zone di difficile accesso e qundi di faticosa gestione sia per i lavori sia per la raccolta.
Se abbiamo parlato del limite compreso tra il 35° e il 45° parallelo Nord, come la fascia che consente, in linea generale, la coltura dell’ olivo, all’ interno di essa esistono differenze sostanziali evidenziate dall’ altimetria, dal tipo di terreno, dall’ esposizione del piantato e dalla pendenza del suolo. Questi fattori interagiscono tra loro anche in virtù di altri di natura climatica, biotica e varietale. Si può desumere pertanto che raramente esiste un''uniformità colturale e quindi di resa sia quantitativa che qualitativa dell’olio che riassume nelle sue peculiarità organolettiche e chimico-fisiche (accertabili con un’ analisi sensoriale e di laboratorio) i suoi valori assoluti.
Si potrebbero a questo punto definire i parametri ideali necessari all’ olivo per dare risultati qualitativi migliori ma non si può generalizzare poiché sono tante le variabili anche entro i confini dello stesso habitat. Possiamo affermare che gli Alti Poggi della Sabina reatina hanno un numero elevatissimo di elementi positivi come i terreni, che comprendono quelli di natura bruno-calcarea, al bruno-mediterraneo, ai terreni composti di ghiaie e terra fertile. Il clima mediamente temperato non raggiunge mai temperature elevate né gelide (salvo in rarissime annate); le pendenze sono ideali, come pure la giacitura con esposizione a mezzogiorno della maggior parte degli oliveti baciati da benefiche brezze che impediscono il ristagno dell’ umidità. L’altimetria è un altro elemento che determina le positività che garantiscono l''assenza di manifestazioni patologiche proprie degli oliveti situati a quote più basse soggetti quindi agli eventuali attacchi dei parassiti.
Altro fattore importante, che partecipa non marginalmente alla “costruzione” delle caratteristiche organolettichesuperiori che fanno dell’olio extravergine di oliva dei Poggi Alti uno dei più pregiati del mondo, è rappresentato dalla combinazione di alcune cultivar che fanno parte da sempre del panorama olivicolo dell’Alta Sabina. Carboncella la più diffusa nella zona, Raia, Pendolino, Leccino e in parte Rosciola, sono le cultivar che in un indovinato “olivaggio” determinano quegli equilibri che sono il segreto di un olio raro e prezioso.
Si è giunti dopo severissimi studi a dimostrare scientificamente che la temperatura elevata è responsabile dell’ accumulo di “gliceridi solidi” in quantità più elevata dei “gliceridi liquidi”. Per tali motivi gli oli prodotti nelle regioni del Nord Africa, del nostro Meridione, di Grecia e Spagna, specie se in pianura o a quote relativamente basse, anche se non in modo generalizzato, risultano più “grassi” cioè con una dose maggiore di gliceridi solidi responsabili della “densità” dell’ olio e anche dell’impressione visiva e gustativa di “pesante”, rispetto all’ olio prodotto in zone più temperate, a latitudini settentrionali o a quote elevate.
Si è scoperto però che anche in quelle zone alcune cultivar, più di altre, resistono meglio all’ esagerato accumulo di gliceridi solidi facendo intendere che oltre all’habitat, al terreno e al clima, anche le varietà giocano un ruolo determinante nell’influenzare la qualità finale del prodotto olio. “I Poggi Alti”, al di là di ogni considerazione faziosa o partigiana, oltre ad avere fattori edafici, climatici, di latitudine, di altitudine, di esposizione e pendenza del terreno ideali, hanno dalla loro le cultivar giuste che, per natura, accumulano meno gliceridi solidi delle altre.
Se la natura aiuta l’uomo nella sua quotidiana fatica a produrre un olio particolare, è anche l’uomo dei Poggi che aiuta la natura a dare il meglio con lavorazioni attente e con la scelta del periodo di raccolta deciso “sul campo” in base alla maturazione organolettica dei frutti che deve essere quanto più vicina al momento magico in cui tutti gli elementi positivi sono al massimo. Un tempo valeva il concetto, ribadito per decenni: "l''oliva più pende e più rende”,mentre oggi non si sceglie più la strada della quantità ma quella della qualità.
Per secoli è stato un mistero fitto la formazione nel frutto della sostanza oleaginosa. Essa forse è causata da un fenomeno metabolico vegetativo che trasforma le sostanze generatrici delle foglie.
Secondo alcuni studiosi l''olio nella drupa non sarebbe altro che l''accumulo del prodotto di “rifiuto” dell’ attività protoplasmatica; secondo altri frutto di elaborazione del processo di accrescimento della drupa dal suo stadio iniziale alla maturazione.
Alcune recenti ricerche hanno dimostrato l''esistenza di uno stretto rapporto fra l''accumulo di sostanze grasse nella drupa e la contemporanea scomparsa dell’oleanolo, un alcool superiore costituente una sostanza cerosa, solubile in etere al pari dei grassi contenuti nella drupa.
L’oleanolo sarebbe dunque la sostanza fondamentale dei gliceridi dell’olio di oliva e in particolare dell’ acido oleico. Altre ricerche hanno appurato che la formazione di sostanze grasse all’interno del frutto è da attribuire, almeno in parte, alle sostanze zuccherine, e che anche sostanze azotate e pentosani partecipano anch’essi alla lipogenesi o formazione delle sostanze grasse. Vi è quindi un periodo preciso nel corso della vita biologica del frutto in cui la quantità dell’olio raggiunge uno standard ottimale: in questo momento bisognerebbe effettuare la raccolta senza frapporre indugi.
Il periodo ottimale, se non intervengono fattori climatici eccezionali, è quello che intercorre tra la prima metà di novembre e l''inizio della terza decade, in cui, specie nella Carboncella, si ha una presenza di olio quantitativamente valida, un’acidità oleica relativamente ancora bassa e una presenza anche se minima di oleanolo.
Sarà la sensibilità dell’uomo dei Poggi che dovrà decidere quando iniziare la raccolta, poiché sono determinanti e imprevedibili i misteri della natura, della vita biologica sia della pianta che dei frutto dovuti al condizionamento climatico-ambientale negli ultimi giorni prima del “grande giorno”.
Il tempo del ‘mistero’
Se il tempo di maturazione dipende da fenomeni complessi strettamente legati all’anima biologica del frutto è necessario stabilire con quali criteri si debba scegliere il momento giusto. Una volta il mondo contadino legato all’olivicoltura non teneva conto di molti fattori, tanto che si usava dire che solo a completa maturazione, in alcune regioni anche a marzo e aprile, si potesse ottenere “il tanto e il meglio” come resa quantitativa e qualitativa, smentendo anche Plinio che considerava l’olio ottenuto da olive non completamente mature come “il più gustoso, il più fine e pregiato”. Senza ricorrere ad analisi di laboratorio possiamo suddividere in tre stadi il periodo durante il quale inizia e si compie il miracolo della maturazione.
1° stadio: caratterizzato da un progressivo schiarimento dell’ epicarpo che dalla colorazione verde-intenso passa ad una colorazione verde-tenue con la comparsa di nuances rossicce localizzate nella parte apicale del frutto. Alcuni frutti di particolari cultivar hanno invece una colorazione verde-tenue tendente al chiaro.
Un po’ alla volta la colorazione si estende su una porzione più grande di superficie. Il mesocarpo (polpa) è di colore biancastro, di consistenza solida, un contenuto in olio ancora scarso con una colorazione verde-ambra, un sapore decisamente aspro, un gustovivacemente fruttato, un’acidità abbastanza elevata.
2° stadio: La colorazione rossiccia, specie in alcune cultivar si estende su un’area maggiore dell’epicarpo mentre il mesocarpo assume colorazioni vinose che si attenuano nella parte più vicina al nocciolo (o endocarpo) diventando intense nella parte più vicina alla cuticola. Esistono cultivar nelle quali al contrario la colorazione si fa sempre più biancastra. La polpa inizialmente dura e consistente diviene morbida mentre la quantità di olio aumenta fino ad essere facilmente individuato (schiacciando il frutto) sotto forma di tracce oleose. Il sapore dell’olio da asprigno si addolcisce leggermente mentre il suo colore diventa gradatamente verdognolo.
3° stadio: L’epicarpo del frutto si presenta con la colorazione quasi definitiva (violaceo-scura) con la cuticola lucida, attenuata solo dalla presenza della pruina (un velo ceroso leggermente opaco che si deposita sulla cuticola del frutto) e con una formazione lenticolare.
La polpa si colora uniformemente in rosso vinoso scuro, assume una consistenza sempre più molle e succosa tanto che schiacciandola si spappola lasciando una colorazione rosso-violacea-vinosa sui polpastrelli.
olio con un fruttato più in equilibrio, con il pizzicore attenuato, la vena amarognola appena percettibile e un’acidità ancora perfetta; un olio delicatamente fruttato con vena dolce, più rotondo, con un’ cidità appena superiore anche se ancora bassissima, nel quale l''amarognolo si è attenuato o scomparso, e appare una certa cedevolezza del fresco. Infine altri tipi di olio più dolci, lisci, spesso più acidi, più brillanti, con meno personalità, indicati per razioni di cibo delicato come un pesce bollito senza sapori forti.
Si sa che tutti i gusti sono gusti ma solo un olio tipico con una spiccata personalità, con una acidità di 0,2-0,4%, fruttato al punto giusto, con sentore di fresco verde e di carciofo, con una percettibile sensazione amarognola e un perfetto equilibrio delle varie componenti, può essere giudicato da un esperto: un olio pregiato e superiore.
L’olio dei Poggi Alti affida alla sensibilità degli olivicoltori la sua carta d’identità tipica, pertanto si tratta di interpretare al meglio le potenzialità organolettiche del prodotto che nella frazione aromatica, nei tocoferoli (antiossidanti) presenti in un olio naturale, nelle sue sottili ed emozionanti carature organolettiche di pregio, ha i numeri vincenti Non una semplice razione oleica nutrizionale o salutare ma uno scrigno di peculiarità spesso infinitesimali o anche evidenti che rappresentano il marchio di qualità di un olio superiore, destinato agli intenditori e a coloro che in questo oro verde liquido vogliono scoprire il sottile fascino che nei secoli ha entusiasmato i poeti della tavola.
Pur non essendo questo un trattato scientifico ma solo d''informazione corretta voglio fare alcune precisazioni in merito alla colorazione dell’ epicarpo. L’abbiamo definita verde-scura,verde-tenue, rossiccia, vinosa ecc. Bisogna tenere presente che alcune cultivar non seguono queste colorazioni classiche, riferite alla maggior parte delle varietà, ma esistono alcune di queste che possono avere una colorazione uniforme che varia dal biancastro al violaceo-scuro, dal nero intenso e lucido al rossiccio tenue, e al vinoso chiazzato come la Rosciola.
In alcuni casi non tutta la superficie del frutto si colora nella tinta predominante ma rimane parzialmente chiazzata chiara, verde-tenue o biancastra.
Alcune cultivar della stessa pianta spesso assumono colorazioni diverse che vanno dal verde chiarissimo, al rossiccio, al biancastro.
Spesso accade che non tutti i frutti della stessa cultivar maturano contemporaneamente, ciò dipende da fattori genetici o vegetativi.
Non basta avere un habitat ideale, cultivar eccezionali, clima e microclima favorevoli, per avere un grande olio ma è necessario che la raccolta avvenga in modo tale da non recare nocumento al frutto evitando così delle modificazioni negative delle sue qualità originali.
Ecco che allora vale la pena di condannare coloro che attendono la “cascola” delle olive, le quali inacidiscono, deteriorando il loro equilibrio acido, snaturando le qualità intrinseche nella drupa.
Molti raccolgono le olive rovinandole con evidenti ammaccature, o le trasportano ammassate in sacchi di iuta, e le immagazzinano in ambienti non opportuni permettendo al frutto di scatenare alcune reazioni che compromettono irrimediabilmente la qualità dell’olio.
L’ideale è raccogliere le olive nel momento ottimale in modo tale da non danneggiarle, portarle subito al frantoio e comunque non immagazzinarle per più di 24-48 ore in un ambiente sano, areato e non ammassate.
Il calore, il tempo, l’umidità, lo schiacciamento, il “concallamento”, e un ambiente non perfettamente igienico, sono i nemici delle olive che al contrario necessitano di cure particolari: è proprio questo il momento in cui l’uomo deve necessariamente aiutare la natura a dare il meglio. Purtroppo ho visto, in giro per il mondo, i contadini greci o spagnoli, turchi o siriani, pugliesi e a volte anche sabini, “massacrare le olive”. Un vecchio proverbio contadino, che da sempre viene ricordato sui Poggi, così sentenzia: “Chi macina friscu, macina finu” , chi macina le olive fresche ottiene un prodotto pregiato.
L’ arte di molire le olive
È antica come la storia dell’olivo, e come l''uso dell’ olio che da esse si ricava, l''arte della molitura. L’uomo, sia esso palestinese o cirenaico, fenicio o greco, sabino o romano, ha dovuto fare i conti con i metodi primitivi che gli permettevano di estrarre nel modo migliore il liquido oro verde che avrebbe fatto la felicità dei consumatori e la ricchezza dei popoli grandi produttori di olio come i sibariti e i betici.
Oggi rimangono sui Poggi della Sabina reatina, a testimonianza dell’antica fatica dell’ uomo olivicoltore, i tradizionali frantoi muniti di molazze in pietra, mossi da energia elettrica che ha sostituito, soltanto da qualche decennio, quella animale.
Attualmente stanno avanzando anche le nuove tecnologie che dopo un’iniziale diffidenza riscuotono ora un grande successo per via della precisione e dell''igienicità degli impianti che permettono, se si pone accortezza nella lavorazione, di ottenere un olio di qualità superiore.
Uno dei grandi problemi che inconsapevolmente veniva trascurato dal vecchio frantoiano era la permanenza e l''esposizione prolungata all’aria della pasta ottenuta facendo girare per molto tempo le molazze in pietra. Ciò consentiva all’azione negativa dell’aria di innescare processi degenerativi dovuti a fermentazioni lipolitiche della massa oleaginosa.
Buona norma, alla quale oggi tutti i frantoi dei Poggi si attengono, è di molire le olive immediatamente dopo la raccolta, e di procedere alle lavorazioni successive della pasta, ottenuta con la frantumazione, senza frapporre indugi.
In molti frantoi si usa separare l''olio dai residui delle acque di vegetazione con la decantazione ma questa è una pratica che, richiedendo molto tempo con una esposizione prolungata all’ aria di tutto il liquido oleaginoso, rischia di far degradare l''olio per effetto delle ossidazioni indotte.
Ecco perché nei moderni frantoi tutte le lavorazioni vengono effettuate in sequenza cercando di evitare i tempi morti che sono sempre causa di deterioramento delle qualità organolettiche dell’ olio.
“Lavorazione a freddo” e “prima spremitura”
Voglio chiarire i concetti di “lavorazione a freddo” e “prima spremitura” per fare capire quali sono gli elementi reali che determinano la qualità di un olio ottenuto dalla lavorazione artigianale.
Naturalmente queste definizioni non appaiono sulle etichette degli oli di oliva ottenuti da processi industriali di raffinazione o comunque frutto di lavorazioni con metodi non tradizionali.
Un grande olio dalle caratteristiche di pregio elevate si ottiene soltanto con una lavorazione a freddo evitando cioè un surriscaldamento della pasta nella fase di frantumazione e di pressatura e senza l''aggiunta di acqua caldissima utilizzata per facilitare la fuoriuscita dell’ olio.
Un tempo le olive venivano anche sottoposte alla pratica dell’ammostamento facendole “ammassare” nel periodo, spesso prolungato, dello stoccaggio: pratica discutibile tanto che l''olio ottenuto era decisamente di qualità inferiore.
Nemico delle olive e dell’olio è il calore, quindi tutte le temperature incontrollate che possono verificarsi nelle varie fasi di lavorazione sono responsabili del degrado del prodotto finale. Le severe regole contemplate dal Disciplinare, messo in pratica per 1’ottenimento dell’ olio extravergine di oliva “I Poggi Alti”, impongono agli associati il rispetto di alcuni parametri che prevedono tra gli altri un metodo di raccolta che non danneggi le olive; la molitura delle stesse entro 24-48 ore; la gramolatura della pasta nel rispetto dei tempi massimi; una spremitura a pressione limitata; la separazione immediata dell’olio dalle acque di vegetazione e soprattutto l''igienicità degli impianti e delle strutture che vanno a contatto con l''olio.
Per “lavorazione a freddo” si deve intendere, in una parola, il rispetto assoluto delle temperature che devono essere limitate al minimo, per evitare che il calore degradi anche in modo appena percettibile le caratteristiche organolettiche di partenza dell’ olio.
Generalmente è invalso l''uso di frantumare a oltranza le olive e poi spremere con un’elevata pressione atmosferica la pasta, facendo fuoriuscire dalla sansa la maggior quantità di olio possibile.
Per secoli questa pratica, diffusa e generalizzata in tutte le civiltà olivicole mediterranee, ha consentito di produrre un olio di qualità modeste.
Da almeno due decenni, per rispondere alle richieste di consumatori più esigenti, si sta facendo strada il convincimento che lavorazioni più attente e rispettose delle potenzialità qualitative di un olio possono apportare dei “plus” qualitativi prima d’ora impensati.
Molti frantoiani hanno deciso di apportare cambiamenti sostanziali nel ciclo di lavorazione delle olive. Una prima limitata frantumazione delle olive dalla cui pasta si ottiene con una spremitura a bassa pressione un olio più fine e pregiato. Successivamente le sanse vengono rimacinate per un tempo più lungo e sottoposte poi ad una pressione più elevata. L’olio che si ottiene, pur essendo ancora di buona qualità, è tuttavia meno pregiato di quello ottenuto dalla prima macinazione e dalla prima spremitura.
Si può affermare che la “doppia lavorazione” ovvero le due macinazioni e due spremiture a differente pressione, ha lo scopo di ottenere due tipi di olio; di estrarre una quantità maggiore con la seconda macinazione e spremitura e di ottenere nella prima un quantità inferiore di olio ma di qualità superlativa. “I Poggi Alti” è ottenuto, specie per alcuni Cru, con la pratica della prima macinatura e prima spremitura e ciò sarà riportato nelle rispettive etichette.
Vanno chiariti anche i concetti o definizioni che si trovano, spesso scritte a caratteri più evidenti, anche sulle etichette di oli industriali.
- Biologico: dicesi di un olio ottenuto da oliveti allevati su terreni che sono trattati senza l''utilizzo di fitofarmaci o sostanze non permesse dalla severa legislazione prevista per i prodotti “biologici”.
- Ecologico: termine, non definito per legge, riferito ad un prodotto ottenuto in zone non contaminate da interferenze inquinanti. I Poggi Alti, per la situazione altimetrica, per l''habitat e per la condizione generale ambientale, si possono considerare “un ambiente altamente ecologico” trattandosi di oliveti in monocoltura inseriti tra boschi e in spazi privi di concentrazioni abitative.
- Velato: dicesi di un olio giovane che non abbia subito una filtrazione spinta.
- Mosto: termine un po’ abusato, riferito ad un olio giovane con una spremitura leggera, non filtrato e spesso ottenuto per separazione da affioramento.
- Cru: dicesi di un olio prodotto da un oliveto, o più oliveti, da un terreno di porzione limitata, in un habitat ideale, e le cui caratteristiche organolettiche sono riferite a situazioni di particolare privilegio colturale.
Per quanto riguarda i cru “I Poggi Alti” sono tutti ottenuti da oliveti o porzione di questi situati in zone di particolare privilegio, a quote elevate (oltre 500 e fino a 700 metri) esposti a mezzogiorno, su terreni di eccezionale interesse edafico e sui quli spira spesso una delicatissima brezza che non permette il ristagno dell’ umidità.
Tornando all’olio dobbiamo capire l''importanza della filtrazione e le conseguenze di questa o le situazioni che si potrebbero creare in un olio non filtrato e non chiarificato. L’ olio si ritiene chiarificato, in stato ottimale di purezza, se è stato liberato da morchie o da altri elementi che lo potrebbero degradare.
Non sempre, un olio chiarificato risulta limpido e brillante ma può avere un aspetto opaco e leggermente velato con colorazione “ambrata” ed essere ugualmente un olio “finito” e di grande valore organolettico.
Generalmente questo tipo di olio viene definito in etichetta “non filtrato” o “velato”. La filtrazione finale, specie se spinta, dà come risultato un olio limpidissimo e brillante che può essere graditissimo a chi ama questo aspetto in un olio extravergine di oliva. Con la filtrazione spinta si sottraggono alcune sostanze la cui presenza è invece gradita ai grandi intenditori.
La frazione aromatica, parte del profumo di fruttato ed anche il sapore, vengono attenuati nell’ operazione di filtrazione poiché si allontanano quelle sostanze in sospensione che veicolano alcuni pregevoli microelementi.
La chiarificazione non deve essere confusa con la filtrazione. La prima deve essere eseguita alla perfezione allontanando tutte quelle sostanze che con il tempo potrebbero precipitare danneggiando gli equilibri acidi dell’olio e innescando anche un processo di degrado dal punto di vista dei profumi e dei sapori. Se è vero che la filtrazione spinta attenua, non volendo, alcuni elementi di pregio, una filtrazione leggerissima può essere auspicata per evitare sorprese nella conservazione dell’ olio.
Terminando questo breve passo dedicato alle lavorazioni possiamo concludere che ciò che fa definire un olio extravergine di oliva “pregiato”, rispetto ad uno sempre di ottima qualità, oltre alla materia prima di partenza utilizzata (olive sane raccolte, nel momento ottimale della maturazione, di varietà pregiata, raccolte in modo corretto) è indispensabile che le varie fasi di lavorazione siano eseguite con la massima cura in tempi e modi corretti, nel rispetto di ogni parametro non stabilito per legge ma dall’ autodisciplina consortile.
Il frutto dell’olivo di qualità ha delle prerogative di partenza pregevoli ma vuole essere trattato con gentilezza, a basse temperature, con pressioni non esagerate; il suo olio deve essere chiarificato in modo perfetto, conservato a temperatura ottimale non solo al momento della produzione ma anche nel corso della sua vita fisiologica.
L’olio continua a vivere, poiché nasce, matura, invecchia e si degrada come qualunque altro organismo vivente.
<Dal http://www.oifb.com/index.php/olio-di-oliva-a-c/192-brevi-appunti-sull-olio-extravergine-di-oliva>
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