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Parla Italiana/le parole

두 배우자의 모험,L’avventura di due sposi-Italo Calvino



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L’avventura di due sposi
-이딸로 깔비노의 통찰력-



오래된 와이너리 한편에서 말 없이 숙성되어 가고 있던 포도주가 어느날 병에 담긴채 먼지를 뒤집어 쓰고 있다. 병속의 액체는 시간과 무관한 삶을 살고 있는 것. 세상은 변화무쌍한 일들의 연속이다. 생로병사의 무한한 사이클이 지속되고 있는 가운데 이딸로 깔비노는(Italo Calvino (Santiago de Las Vegas de La Habana15 ottobre 1923 – Siena19 settembre 1985) è stato uno scrittore e partigianoitaliano.) 어느날 <두 배우자의 모험>이라는 글을 썼다. 


바쁘게 살아가는 현대인(맞벌이 부부)의 일상이 고스란히 녹아있는 글 속에서, 우리가 전통적으로 지켜오던 삶이 무너지고 있는 모습이 그려지고 있는 것이다. 오늘날 사람들은 자기도 모르는 사이에 매우 위험한 모험을 하고 있는 것. 편리와 즐거움을 쫓아 '문명'이라 부르던 인간이 자초한 일들. 인간세상의 비극이 점점 더 구체화 되어 가고 있는 모습이 한 작가의 눈에 비쳤다. 


자유롭게 숙성되던 포도즙이 어느날 달콤한 꿈을 꾸며 병속에 갇힌 채 죽어가는(?) 것 같은 모습이랄까. 우리를 비싼 값으로 포장하는 순간부터 자유는 저만치 멀어지며 종말을 재촉한다. 무릇 많은 것을 탐하면 더 많은 대가를 치루어야 하는 게 인생의 모습이랄까...!


Vecchio vino cantina è maturato senza diventare un cavallo in mano mentre la scrittura capovolgere la polvere contenuta nella bottiglia un giorno. Il liquido all'interno della bottiglia farà la vita e indipendente dal tempo. Il mondo è in continua evoluzione serie di eventi. Questo ciclo infinito della vita umana Rug Vino si trova nel centro di yittal continua Italo Calvino (Santiago de Las Vegas de La Habana15 ottobre 1923 – Siena19 settembre 1985) è stato uno scrittore e partigianoitaliano.) ha scritto uno giorno <L’avventura di due sposi> tale articolo.


Nell'articolo in cui tutti i giorni vita occupato dei moderni melt intatti (coppie a doppia carriera), e vedremo la vita con un orologio rotto ohdeon tradizionalmente disegnato. La gente oggi, si tratta di un'avventura molto pericolosa tra jagido non lo so.Caccia Facile e divertente cantato come le cose umane inflitte «civili». L'aspetto tragico della vita umana che diventano sempre più specifiche brillava negli occhi dell'artista. 


Il vino invecchiato per la libertà che erano a morire mentre intrappolato in una bottiglia decorata con un dolce sogno uno giorno andare come a guardare. Dal momento in cui l'imballaggio nostra libertà e ha esortato la fine della jimyeo costosa è lontano distanza. Tutto ciò quando si guida un sacco aspetto yiralkka della vita che dovrebbe pagare il prezzo ... Maggiori informazioni!

 



L’avventura di due sposi

L’operaio Arturo Massolari faceva il turno della notte, quello che finisce alle sei. 
Per rincasare aveva un lungo tragitto, che compiva in bicicletta nella bella stagione, 
in tram nei mesi piovosi e invernali. Arrivava a casa tra le sei e tre quarti e le sette, 
cioè  alle  volte  un  po’  prima  alle  volte  un  po’  dopo  che  suonasse  la  sveglia  della 
moglie, Elide.   

Spesso  i  due  rumori:  il  suono  della  sveglia  e  il  passo  di  lui  che  entrava  si 
sovrapponevano  nella mente  di  Elide,  raggiungendola in  fondo al  sonno, il  sonno 
compatto  della  mattina  presto  che  lei  cercava  di  spremere  ancora  per  qualche 
secondo col viso affondato nel guanciale. 

Poi si  tirava su dal letto di strappo e già 
infilava le braccia alla cieca nella vestaglia, coi capelli sugli occhi. Gli appariva così, 
in  cucina,  dove  Arturo  stava  tirando  fuori  i  recipienti  vuoti  dalla  borsa  che  si 
portava con sé sul lavoro: il portavivande, il termos, e li posava sull’acquaio. Aveva 
già  acceso  il  fornello  e  aveva  messo  su  il  caffè.  Appena  lui  la  guardava,  a  Elide 
veniva  da  passarsi  una mano  sui  capelli,  da  spalancare  a  forza  gli  occhi,  

come  se ogni volta si vergognasse un po’ di questa prima immagine che il marito aveva di lei 
entrando  in  casa,  sempre  così  in  disordine,  con  la  faccia  mezz’addormentata. 
Quando  due  hanno  dormito  insieme  è  un’altra  cosa,  ci  si  ritrova  al  mattino  a 
riaffiorare entrambi dallo stesso sonno, si è pari.   

Alle volte invece era lui che entrava in camera a destarla, con la tazzina del caffè, 
un minuto prima che la sveglia suonasse; allora  tutto era più naturale, la  smorfia 
per  uscire  dal  sonno  prendeva  una  specie  di  dolcezza  pigra,  le  braccia  che 
s’alzavano  per  stirarsi,  nude,  finivano  per  cingere  il  collo  di  lui.  S’abbracciavano. 
Arturo  aveva  indosso  il  giaccone  impermeabile;  a  sentirselo  vicino  lei  capiva  il 
tempo  che  faceva:  se  pioveva  o  faceva  nebbia  o  c’era  neve,  a  secondo  di  com’era 
umido  e  freddo.  Ma  gli  diceva  lo  stesso:  –  Che  tempo  fa?  –  e  lui  attaccava  il  suo 
solito brontolamento mezzo ironico, passando in rassegna gli inconvenienti che gli 
erano occorsi, cominciando dalla fine: il percorso in bici, il tempo trovato uscendo 
di  fabbrica, diverso da quello di quando c’era entrato la sera prima, e le grane sul 
lavoro, le voci che correvano nel reparto, e così via.
   
A quell’ora, la casa era sempre poco scaldata, ma Elide s’era tutta spogliata, un 
po’  rabbrividendo, e  si lavava,  nello  stanzino  da  bagno. Dietro  veniva lui,  più  con 
calma, si spogliava e si lavava anche lui,

lentamente, si toglieva di dosso la polvere e l’unto dell’officina. 
Così stando  tutti e due intorno allo stesso lavabo, mezzo nudi, 
un po’ intirizziti, ogni  tanto dandosi delle spinte,  togliendosi di mano il sapone, il 
dentifricio, e  continuando a  dire le  cose  che avevano  da  dirsi,  veniva il momento 
della confidenza, e alle  volte, magari aiutandosi a  vicenda a strofinarsi la schiena, 
s’insinuava una carezza, e si trovavano abbracciati.   

Ma tutt’a un tratto Elide: – Dio! Che ora è già! – e correva a infilarsi il reggicalze, 
la gonna, tutto in fretta, in piedi, e con la spazzola già andava su e giù per i capelli, e 
sporgeva il viso allo specchio del comò, con le mollette strette tra le labbra. Arturo 
le veniva dietro, aveva acceso una sigaretta, e la guardava stando in piedi, fumando, 
e ogni volta pareva un po’ impacciato, di dover stare lì senza poter fare nulla. Elide 
era pronta, infilava il cappotto nel corridoio, si davano un bacio, apriva la porta e 
già la si sentiva correre giù per le scale.  
 
Arturo  restava  solo.  Seguiva  il  rumore  dei  tacchi  di  Elide  giù  per  i  gradini,  e 
quando  non  la  sentiva  più  continuava  a  seguirla  col  pensiero,  quel  trotterellare 
veloce per il cortile, il portone, il marciapiede, fino alla fermata del tram. Il tram lo 
sentiva bene, invece: stridere,  fermarsi, e lo sbattere della pedana a ogni persona 
che  saliva.  “Ecco,  l’ha  preso”,  pensava,  e  vedeva  sua  moglie  aggrappata  in  mezzo 
alla  folla  d’operai  e  operaie  sull’”undici”,  che  la  portava  in  fabbrica  come  tutti  i 
giorni. Spegneva la cicca, chiudeva gli sportelli alla finestra, faceva buio, entrava in 
letto.   

Il letto era come l’aveva lasciato Elide alzandosi, ma dalla parte sua, di Arturo, 
era quasi intatto, come fosse stato rifatto allora. Lui si coricava dalla propria parte, 
per  bene,  ma  dopo  allungava  una  gamba  in  là,  dov’era  rimasto  il  calore  di  sua 
moglie, poi ci allungava anche l’altra gamba, e così a poco a poco si spostava tutto 
dalla parte di Elide, in quella nicchia di tepore che conservava ancora la forma del 
corpo  di  lei,  e  affondava  il  viso  nel  suo  guanciale,  nel  suo  profumo,  e 
s’addormentava.   

Quando Elide tornava, alla sera, Arturo già da un po’ girava per le stanze: aveva 
acceso  la  stufa,  messo  qualcosa  a  cuocere.  Certi  lavori  li  faceva  lui,  in  quelle  ore 
prima di cena, come rifare il letto, spazzare un po’, anche mettere a bagno la roba 
da  lavare.  Elide  poi  trovava  tutto  malfatto,  ma  lui  a  dir  la  verità  non  ci  metteva 
nessun  impegno  in  più:  quello  che  lui  faceva  era  solo  una  specie  di  rituale  per 
aspettare lei,  quasi  un  venirle incontro  pur  restando  tra le  pareti  di  casa, mentre 
fuori  s’accendevano  le  luci  e  lei  passava  per  le  botteghe  in  mezzo  a 
quell’animazione  fuori  tempo dei quartieri dove ci sono  tante donne che  fanno la 
spesa alla sera.   

Alla  fine  sentiva  il  passo  per  la  scala,  tutto  diverso  da  quello  della  mattina, 
adesso appesantito, perché Elide saliva stanca dalla giornata di lavoro e carica della 
spesa.  Arturo  usciva  sul  pianerottolo,  le  prendeva  di  mano  la  sporta,  entravano 
parlando. Lei si buttava su una sedia in cucina, senza  togliersi il cappotto, intanto 
che lui levava la  roba  dalla  sporta.  Poi:  –  Su,  diamoci  un  addrizzo,  – lei  diceva,  e 
s’alzava,  si  toglieva  il  cappotto,  si  metteva  in  veste  da  casa.  Cominciavano  a 
preparare  da mangiare:  cena  per  tutt’e  due,  poi  la merenda  che  si  portava lui in 
fabbrica  per  l’intervallo  dell’una  di  notte,  la  colazione  che  doveva  portarsi  in 
fabbrica  lei  l’indomani,  e  quella  da  lasciare  pronta  per  quando  lui  l’indomani  si 
sarebbe svegliato.  
 
Lei un po’ sfaccendava un po’ si sedeva sulla seggiola di paglia e diceva a lui cosa 
doveva fare. Lui invece era l’ora in cui era riposato, si dava attorno, anzi voleva far 
tutto lui, ma sempre un po’ distratto, con la  testa già ad altro.  In quei momenti lì, 
alle volte arrivavano sul punto di urtarsi, di dirsi qualche parola brutta, perché lei 
lo  avrebbe  voluto  più  attento  a  quello  che  faceva,  che  ci  mettesse  più  impegno, 
oppure che fosse più attaccato a lei, le stesse più vicino, le desse più consolazione. 
Invece lui, dopo il primo entusiasmo perché lei era  tornata, stava già con la  testa 
fuori di casa, fissato nel pensiero di far presto perché doveva andare. 
  
Apparecchiata  tavola,  messa  tutta  la  roba  pronta  a  portata  di  mano  per  non 
doversi più alzare, allora c’era il momento dello struggimento che li pigliava tutti e 
due d’avere così poco tempo per stare insieme, e quasi non riuscivano a portarsi il 
cucchiaio alla bocca, dalla voglia che avevano di star lì a tenersi per mano.  
Ma non era ancora passato tutto il caffè e già lui era dietro la bicicletta a vedere 
se  ogni  cosa  era  in  ordine.  S’abbracciavano.  Arturo  sembrava  che  solo  allora 
capisse com’era morbida e tiepida la sua sposa. Ma si caricava sulla spalla la canna 
della bici e scendeva attento le scale.   

Elide lavava i piatti, riguardava la casa da cima a fondo, le cose che aveva fatto il 
marito, scuotendo il capo. Ora lui correva le strade buie, tra i radi fanali, forse era 
già dopo il gasometro. Elide andava a letto,  spegneva la luce. Dalla propria  parte, 
coricata, strisciava un piede verso il posto di suo marito, per cercare il calore di lui, 
ma  ogni  volta  s’accorgeva  che  dove  dormiva  lei  era  più  caldo,  segno  che  anche 
Arturo aveva dormito lì, e ne provava una grande tenerezza.   





Da: Italo Calvino, L’avventura di due sposi, in I racconti, Einaudi,Torino, 1976   
http://digilander.libero.it/dlpasquale/duesposi.pdf
<Image=Google>


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