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CUCINA ITALIANA_2021

이탈리아 길거리 음식 핏짜의 뒷이야기,La storia dello Street Food: la pizza



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La storia dello Street Food: la pizza
-이탈리아 길거리 음식 핏짜의 뒷이야기-



피자...? 핏짜...?

 
핏짜는 최초로 이탈리아에서 만들어졌지만, 아쉽게도 우리가 먹고 있는 핏짜는 이탈리아에서 한국으로 바로 들어온 것이 아니라 미국을 통해 들어온 것이다. 그래서 우리는 미국식 발음인 ‘피자’에 더 익숙하다. 하지만 이탈리아식으로는 '핏짜'라고 발음하는 것이 더 가깝다. 핏짜의 자취를 추적하기 위해서는 고대 로마 시대로 거슬러 올라가야 한다. 그 당시에는 이스트를 넣지 않고 납작하게 구워내는 ‘피체아(picea)’라는 빵 요리가 있었는데, 그것에 토마토, 엔쵸비, 케이퍼와 모짜렐라 등을 첨가하기 시작하면서 ‘핏짜’가 탄생하게 된 것으로 보인다. 


이러한 핏짜는 토마토가 이탈리아의 식재료로 사용되기 시작한 18세기부터 만들어지기 시작한 것으로 보이며, 이때부터 토마토는 핏짜에서는 빠져서는 안 되는 주재료가 되었다. 한편 초기의 빵 요리는 지금의 포카치아 형태로 남아 있다. 포카치아는 주로 이탈리아 중남부에서 먹었던 빵과 흡사한 것으로 소맥분에 이스트, 소금, 올리브 오일 등을 섞어 발효시킨 후 아무것도 얹지 않고 구운 단순한 빵이다. 중세의 라틴어에도 ‘focacia’라는 말이 등장하는 것으로 봐서 중세부터 르네상스 시대에는 이미 포카치아를 먹고 있었던 것으로 보인다.



핏짜의 시작부터 마르게리따 핏짜의 탄생까지

마르게리따 여왕 

핏짜가 본격적으로 역사의 무대에 등장한 것은 19세기 이후부터다. 1830년 나폴리에 핏쩨리아가 등장하면서 맛에 경쟁이 붙기 시작했고, 나폴리 근교 베수비오 산의 화산돌을 이용한 화덕이 등장하기 시작했다. 고온에서 핏짜를 구울 수 있게 만든 이 화덕은 나폴리 핏짜를 이탈리아 전 지역에 퍼지게 하는 데 일조하였다.

움베르또 1세


1860년 전쟁에서 부르봉 왕가가 사보이 왕가에게 패하게 되면서 이탈리아의 통일이 시작되었다. 1889년 사보이 왕가의 움베르또 1세와 그의 부인 마르게리따 왕비(Margherita di Savoia)가 나폴리에 방문했을 때 그들은 많은 환영을 받았다. 왕비가 핏짜를 맛보기 요청하자 핏짜이올로인 라파엘로 에스포지또는 녹색의 바질과 흰색의 모짜렐라 그리고 붉은색의 토마토로 이탈리아의 새로운 왕국 국기를 상징하는 핏짜를 만들었다. 이것이 ‘핏짜 마르게리따’의 탄생 배경이다. 


하지만 이상하게도 이 핏짜는 오랜 기간 동안 이 지역의 열정으로만 남아 있었을 뿐 다른 지역에서는 인기를 얻지 못했다.  이 내용은 이탈리아 요리학교(일꾸오꼬 알마 한국학교) 교장 '안토니오 심'이 쓴 책 <피자와 포카치오>의 서평에 쓰여진 글이다. 그런데 대중들은 마르게리따 왕비로부터 유명해진 '핏짜' 보다 '피자'에 더 열광한 것일까. 아이러니하게도 저자의 책 제목은 '피자'로 썼다. 


아무튼 사보이 왕국의 왕비 마르게리따 왕비는 이른바 '수첩공주'처럼 짝퉁이 아니므로 그녀의 생애는 핏짜와 함께 영원을 누릴 전망이다. 아래는 마르게리따 왕비와 길거리 음식이었던 '핏짜의 뒷이야기'를 담은 생생한 포스트를 옮긴 글이다. 피자면 어떻고 핏짜면 어떻겠느냐만 음식 하나에 얽힌 에피소드가 이렇게 회자되는 것도 드문 일이다. 어쩌면 핏짜는 귀족들의 입맛 내지 너 나 가리지 않는 현대인의 입맛에 딱 들어맞는 음식인 것 같다.  내가 꿈꾸는 그곳 번역본 보기






Margherita di Savoia


Margherita di Savoia
Queen Margharitha di Savoia.jpg
Margherita di Savoia, regina d'Italia
Regina consorte d'Italia
Stemma
In carica 9 gennaio 1878 - 29 luglio1900
Predecessore titolo creato
Successore Elena del Montenegro
Nome completo Margherita Maria Teresa Giovanna di Savoia
Nascita TorinoItalia, 20 novembre1851
Morte BordigheraItalia, 4 gennaio1926
Sepoltura Pantheon (Roma)
Casa reale Savoia
Dinastia Savoia-Genova
Padre Ferdinando, duca di Genova
Madre Elisabetta di Sassonia
Consorte di Umberto I di Savoia
Figli Vittorio Emanuele III di Savoia
« Era una vera e seria professionista del trono, e gl'italiani lo sentirono. Essi compresero che, anche se non avessero avuto un gran Re, avrebbero avuto una grande Regina.[1] »
(Indro Montanelli)

Margherita Maria Teresa Giovanna di Savoia (Torino, 20 novembre 1851  Bordighera, 4 gennaio 1926) come consorte di re Umberto I, fu la prima regina consorte d'Italia poiché la moglie di re Vittorio Emanuele II, Maria Adelaide d'Austria, era morta nel1855, prima della proclamazione del Regno avvenuta nel 1861.


Negli anni in cui fu al fianco di Umberto come principessa ereditaria e, dal 1878, come regina d'Italia, esercitò una notevole influenza sulle scelte del marito e un grande fascino presso la popolazione, facendo sapiente uso delle proprie apparizioni pubbliche, concepite per attrarre il popolo con un abbigliamento ricercato e una costante affabilità. Secondo Ugoberto Alfassio Grimaldi, fu il personaggio politico dell'Italia unita che suscitò, dopo Giuseppe Garibaldi e Benito Mussolini, «i maggiori entusiasmi nelle classi elevate e nelle classi umili».[2]


Cattolica, fieramente attaccata a Casa Savoia e profondamente reazionaria, fu una nazionalista convinta e sostenne la politica imperialista di Francesco Crispi. L'incitamento alla repressione delle rivolte popolari, come avvenne a Milano nel 1898, per quanto controverso non ne compromise l'immagine, forse perché fu la prima donna italiana a sedere sul trono del paese neocostituito.[3] 


A corte, gestì un circolo culturale settimanale che le valse l'ammirazione di poeti e intellettuali e la collocò forse, almeno sotto questo aspetto, più a sinistra di molte altre dame dell'aristocrazia.[4] I


suoi balli, inoltre, come quelli cui partecipò, celavano spesso un piano diplomatico, e nelle sue intenzioni cercarono in particolare di assicurare una mediazione con l'aristocrazia "nera", rimasta fedele alVaticano dopo la presa di Roma.


Molti furono gli omaggi popolari e poetici tributati alla nobildonna (dalla pizza Margherita alla celebre ode carducciana Alla regina d'Italia, scritta subito dopo la visita bolognese dei sovrani nel novembre 1878), anche negli anni successivi all'assassinio del marito, quando diventò regina madre.


<DA https://it.wikipedia.org/wiki/Margherita_di_Savoia>




La storia dello Street Food: la pizza

Il Cibo nell'arte e nella Storia

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Tante voci letterarie hanno testimoniato l’evoluzione della pizza, prima che diventasse cibo conosciuto e diffuso in tutto il mondo.

La pizza come cibo povero, veloce e “da strada” fa iniziale riferimento alla versione fritta. Erano pochi coloro che potevano permettersi un forno a legna, molti di più coloro che riuscivano a procurarsi un braciere e un catino di metallo in cui far scaldare l’olio. Molti di questi lavoravano da fornai e poi, al ritorno a casa, nei bassi delle zone più popolari di Napoli, arrotondavano con un secondo lavoro, friggendo porzioni di pasta lievitata e distribuendole ai passanti in cambio di pochi spiccioli. D’altronde i venditori di pesci, frittelle e pasta fritta già comparivano nelle pagine de “Il Viaggio in Italia” di Goethe:

«Sulle soglie delle case, grandi padelle erano poste su focolari improvvisati. Un garzone lavorava la pasta, un altro la manipolava e ne faceva ciambelle che gettava nell’olio fumante. Un terzo, vicino alla padella, ritraeva con un piccolo spiedo le ciambelle man mano ch’eran cotte e con un altro spiedo le passava a un quarto che le offriva agli astanti. (…) Vendono a tutto spiano, e sono migliaia quelli che se ne vanno portandosi il necessario per il pranzo o per la cena avvolto in un brandello di carta.»

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Alexandre Dumas; Matilde Serao; Carlo Collodi

Alexandre Dumas, l’autore de I Tre Moschettieri, visitò Napoli per la prima volta nel 1835. Ne rimase incantato, tanto da dedicare alla città partenopea, quasi 25 anni più tardi, diventato “Direttore degli scavi e dei musei cittadini”, scritti e descrizioni per un totale di quasi seicento pagine. Ogni aspetto più caratteristico della vita napoletana viene toccato e tra questi non manca il cibo: Dumas dedica alla pizza una descrizione puntuale e particolareggiata.

«La pizza è una specie di stiacciata come se ne fanno a Saint Denis: è di forma rotonda e si lavora come la pasta del pane. Varia nel diametro secondo il prezzo. Una pizza da due centesimi basta a un uomo, una pizza da due soldi deve satollare un’intera famiglia. A prima vista la pizza sembra un cibo semplice: sottoposta ad esame, apparirà un cibo complicato. La pizza è:

1) All’olio

2) Al lardo

3) Alla sugna

4) Al formaggio

5) Al pomodoro

6) Ai pesciolini

È il termometro gastronomico del mercato: aumenta o diminuisce il prezzo secondo il corso degli ingredienti suddetti, secondo l’abbondanza o la carestia dell’annata. Quando la pizza ai pesciolini costa mezzo grano, vuol dire che la pesca è stata buona; quando la pizza all’olio costa un grano significa che il raccolto è stato cattivo.»

Il paragrafo con cui conclude questa “cronaca della pizza” fa sorridere, perché si rifà ad un malinteso. Nel 1860 era già diffusa l’usanza della pizza ogg’ a otto, ovvero una pizza a credito che gli avventori più poveri potevano consumare subito, contando sugli otto giorni a seguire per trovare un lavoro e guadagnare i pochi spiccioli necessari a saldare il debito. A Dumas che chiese cosa pizza “ogg a otto” volesse significare, fu spiegato che erano pizze vecchie di otto giorni, e per questo più economiche. E lui così scrive:

«Altra cosa influisce sul costo della pizza: la sua maggiore o minore freschezza. Si capisce che non si può vendere la pizza del giorno prima allo stesso prezzo di quella della giornata, vi sono per le piccole borse pizze di una settimana, le quali possono sostituire, vantaggiosamente se non gradevolmente, la galletta di bordo.».

Nel menù di Dumas, ancora non compare quella che divenne la più celebre, la pizza Margherita, dalla storia assai famosa: il pomodoro non era ancora così diffuso, né sulla pasta né sulla pizza.

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cartoline d’epoca: pizzaiolo che consegna le pizze; storica pizzeria Lombardi

Altre testimonianze sul disco di pasta lievitata più famoso del mondo sono decisamente meno entusiaste e anche meno conosciute.

Matilde Serao, una delle prime donne ad aver fondato un giornale, greca di nascita ma napoletana di adozione, fa un’amarissima cronaca della propria città nel suo “Il Ventre di Napoli”. Il titolo dell’opera echeggia al più famoso “Il ventre di Parigi” di Emile Zola, ma nasce soprattutto dall’infelice frase del ministro Agostino Depretis che pronunciò, dopo l’ennesima epidemia di colera, scoppiata nel 1884, le testuali parole: «bisogna sventrare Napoli.» Da qui la risposta della Serao, che racconta cosa è davvero il ventre di Napoli e quali sono le abitudini dei suoi abitanti, abitudini che all’epoca dovevano essere sì rieducate, ma erano dovute soprattutto alla grande miseria e sovraffollamento. Nel capitolo 3, dedicato al cibo scrive:

«Il pizzaiuolo che ha bottega, nella notte, fa un gran numero di queste schiacciate rotonde, di una pasta densa, che si brucia ma non si cuoce, cariche di pomidoro quasi crudo, di aglio, di pepe, di origano: queste pizze divise in tanti settori da un soldo, sono affidate a un garzone, che le va a vendere in qualche angolo di strada, sovra un banchetto ambulante e lì resta quasi tutto il giorno, con questi settori di pizza che si gelano al freddo, che si ingialliscono al sole, mangiati dalle mosche. Vi sono anche delle fette di due centesimi, pei bimbi che vanno a scuola; quando la provvigione è finita, il pizzaiolo la rifornisce, sino a notte. Vi sono anche, per la notte, dei garzoni che portano sulla testa un grande scudo convesso di stagno, entro cui stanno queste fette di pizza e girano pei vicoli e danno un grido speciale, dicendo che la pizza l’hanno col pomidoro e con l’aglio, con la mozzarella e con le alici salate. Le povere donne sedute sullo scalino del basso, ne comprano e cenano, cioè pranzano, con questo soldo di pizza.»

Stessa descrizione poco incoraggiante si trova nel “Viaggio per l’Italia di Giannettino” di Carlo Collodi, il papà di Pinocchio, che in questa opera mette in bocca al bambino entusiaste parole per la città di Napoli ed altrettanto denigratorie nei confronti del suo cibo più celebre:

«Vuoi sapere cos’è la pizza? E’ una stiacciata di pasta di pane lievitata, e abbrustolita in forno, con sopra una salsa di ogni cosa un po’. Quel nero del pane abbrustolito, quel bianchiccio dell’aglio e dell’alice, quel giallo-verdacchio dell’olio e dell’erbucce soffritte e quei pezzetti rossi qua e là di pomidoro danno alla pizza un’aria di sudiciume complicato che sta benissimo in armonia con quello del venditore.»

In questo clima in gran parte denigratorio per un cibo così semplice e povero si situa l’importanza del giudizio della regina Margherita di Savoia che bella, in salute, schietta e per la prima volta in visita a Napoli, decretò la possibilità di dare fiducia alla pizza il successo futuro e imperituro anche fuori dai confini italiani.

Regina-Margherita-pizzeria-Brandi

Nel giugno del 1889, mentre la regina d’Italia si trovava in visita a Napoli, uno dei più famosi pizzaioli della città, Raffaele Esposito, fu invitato alla reggia di Capodimonte per farle assaggiare questa famosa pizza di cui tanto si parlava. Il pizzaiolo gliene preparò ben tre: una con l’olio, una con i pesciolini, e l’ultima con pomodoro, mozzarella e foglie di basilico, a richiamare il tricolore. Manco a dirlo, quest’ultima fu la pizza che la regina preferì e in suo onore venne battezzata pizza Margherita. La pizzeria di Raffaele Esposito esiste ancora oggi, dopo quasi 130 anni di storia della pizza Margherita, ha solo cambiato nome ed oggi si chiama Pizzeria Brandi; qui è ancora esposto, incorniciato, il ringraziamento giunto dal segretario della Regina:

«…le tre qualità di pizze da Lei confezionate per sua Maestà la Regina vennero trovate buonissime.»

Da quel momento inizia il successo.

pizzaioli-napoli
Pizzaioli a confronto: forno a legna e pizza fritta, anni ’30 del Novecento

Fonti bibliografiche e fotografiche:

John Dickie, Con gusto, Editori Laterza

Alberto Capatti, Massimo Montanari, La cucina italiana, Editori Laterza

Matilde Serao, Il Ventre di Napoli, Luca Torre Editore

http://luigisavino.com.au

http://www.vanvitelligourmet.com/storia-della-pizza.html

http://www.interviu.it/verace/pizza.htm

http://quasiumano.diodati.org/2008/02/napoli-meravigliosa-stralci-dal-viaggio.html

https://it.wikipedia.org, voci Alexandre Dumas, Carlo Collodi e Matilde Serao.

<DA  / http://www.ifood.it/2015/07/la-storia-dello-street-food-la-pizza.html>



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